Il fenomeno Fivelandia Storia e analisi delle sigle musicali dei cartoni animati della “tv per ragazzi” sulle reti Fininvest

Alice Fumero

afumero@novedee.com

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Abstract

L’articolo intende investigare la collana discografica Fivelandia, che raccoglie le sigle dei cartoni animati, dei telefilm e dei programmi per bambini in onda sulle reti Fininvest fra il 1983 e il 2002 (prodotta dalla Five Record, etichetta discografica italiana fondata da Silvio Berlusconi nel 1981).  Si tratta di un autentico microcosmo televisivo che ha forgiato l’immaginario, non soltanto sonoro, di coloro che hanno trascorso il periodo adolescenziale nel ventennio tra il 1975 e il 1995. Attraverso un’analisi dettagliata della genesi, dei protagonisti, dei processi compositivi e produttivi – condotta anche mediante un’intervista al M° Enzo Draghi, voce e compositore di molte sigle – si intende mettere in luce come Fivelandia sia un fenomeno chiave per comprendere caratteristiche peculiari di quell’Italia che dagli anni Ottanta ha trovato nella tv privata e nella pubblicità una nuova forma di comunicazione – e per molti aspetti “addomesticazione” – del grande pubblico.

Premessa

Per tutti coloro che sono nati prima del 1975 e dopo il 1995, il termine Fivelandia potrebbe non significare molto. Per coloro, invece, che hanno trascorso l’adolescenza in quel ventennio, il termine Fivelandia è capace di evocare alla mente immagini, storie e personaggi indimenticabili che popolavano gli innumerevoli cartoni animati in onda sul piccolo schermo. Ma, soprattutto, questo nome ha il suggestivo potere di richiamare musiche e parole delle sigle che aprivano ogni nuova puntata: sigle che sono rimaste indelebilmente impresse nella memoria. Forse a causa del target verso cui erano rivolte le musiche di cui trattiamo – a quasi vent’anni dalla chiusura ufficiale di tale esperienza – non risultano a oggi studi in merito (con l’eccezione di Martinelli 2007). Eppure, come dimostreremo in questo saggio – reso possibile anche da un’intervista esclusiva al M° Enzo Draghi (in appendice), voce e compositore di molte sigle – siamo di fronte a un vero e proprio fenomeno: non soltanto musicale e commerciale, ma anche sociale. Analizzare tale fenomeno sarà occasione, non soltanto di rivelare aspetti compositivi e musicali di interesse, ma anche di mostrare alcune caratteristiche peculiari di quell’Italia che dagli anni Ottanta ha trovato nella tv privata e nella pubblicità una nuova forma di comunicazione e addomesticazione del grande pubblico.

Fivelandia è il nome della collana discografica che raccoglie le sigle dei cartoni animati, dei telefilm e dei programmi per bambini in onda sulle reti Fininvest fra il 1983 e il 2002; tuttavia con l’utilizzo di questo termine si intende abbracciare l’intero fenomeno discografico della Five Record, la casa discografica italiana fondata da Silvio Berlusconi nel 1981. Originariamente nata per immettere nel mercato discografico proprio le canzoni delle sigle televisive dei programmi delle reti Fininvest, in breve tempo l’etichetta di Cologno Monzese (che dal 1991 diverrà RTI Music) mise sotto contratto moltissimi artisti ­– come Iva Zanicchi, Gino Paoli, Johnny Dorelli, Francesco Salvi – la maggior parte dei quali facevano parte proprio dell’azienda televisiva di Berlusconi: il nome che fu più a lungo legato all’etichetta e che ottenne il maggior successo discografico fu Cristina D’Avena che, come vedremo successivamente, fu la voce e il volto di tale fenomeno.

Il mercato e la tv dei ragazzi

È possibile rintracciare le origini del fenomeno intorno al 1982/1983, quando furono lanciati i programmi “contenitori” dedicati alla fascia ragazzi delle reti Fininvest: Ciao Ciao – andato in onda dal 1979 al 2001 alternativamente su Rete Quattro e Italia Uno e Bim Bum Bam – andato in onda dal 1982 al 2002 su Canale Cinque e Italia Uno. La scelta dell’orario della messa in onda era ovviamente accuratamente vagliata secondo le necessità di audience e marketing. La suddivisione del target dai quattro ai quattordici anni era organizzata per evitare sovrapposizioni fra le varie reti e rispondeva alle esigenze di pubblici diversi, tenendo in considerazione gli orari di ascolto: per esempio si era scelto di proporre cartoni per i più piccoli (il pubblico alternativo al telegiornale) fra le ore venti e le venti e trenta. I programmi “contenitori” erano così definiti perché contenevano al loro interno numerosi cartoni animati che venivano presentati da conduttori (dei quali oggi ricordiamo solo Paolo Bonolis) in compagnia del rosa Uan (per Bim Bum Bam), Four e Fourino (per Ciao Ciao e Ciao Ciao mattina) e Ambrogio (negli anni Novanta) – pupazzi animati, diventate delle vere e proprie star per i più piccini – che si cimentavano in intermezzi, gag e giochi.

Per comprendere il ruolo sociale che queste musiche ricopriranno negli anni è importante contestualizzare dove siano nate e perché: il boom economico degli anni Ottanta investì ogni settore, fra cui anche quello televisivo attraverso un uso smisurato della pubblicità. Nel nostro caso specifico è bene ricordare che il rapporto d’affezione che si crea fra i bambini e la pubblicità fa scattare nel piccolo spettatore un desiderio: quello di «voler possedere i personaggi ammirati in tv» (D’Amato 1989, p. 26). Possiamo affermare che la tv dei ragazzi degli anni Ottanta divenne la longa manus promozionale dell’industria del giocattolo sempre più in crescita. Appare chiaro che essa esercitava già sulla fascia dei più piccoli la formula standard del marketing – “creazione del bisogno” e “appagamento del bisogno tramite l’acquisto” – che è ancora alla base dell’attuale struttura dei consumi della nostra società. Come per gli adulti, questo tipo di formula promozionale può influire su diversi livelli:

innanzitutto induce a credere non solo che il superfluo sia necessario, ma che sia facilmente e immediatamente accessibile a tutti. In secondo luogo presenta il prodotto non per quello che è realmente ma valorizzandolo oltremodo. Il piccolo consumatore si sente incompleto, diverso dagli altri, senza quell’ “invidiabile” giocattolo. In terzo luogo questi non solo spingono all’acquisto, ma inducono in via subordinata a pensare che senza il tale giocattolo non si possa fare parte di un gruppo, della comunità. I bambini sono spesso molto conformisti: l’essere come gli altri dà loro sicurezza. È una fase della crescita, la voglia di imitarsi reciprocamente, per riconoscersi, per trovare sicurezza gli uni negli altri. Ma la pubblicità insegna loro a giocare (oltre che a parlare, muoversi, vestirsi) tutti nello stesso modo (Ivi, p. 27).

In Italia proprio le case produttrici di giocattoli come la Mattel, Giochi preziosi e MB Giocattoli furono i maggiori sponsor: all’interno dei programmi facevano della pubblicità la loro arma più forte. Per esempio, dal 1990 al 1996 la MB Giocattoli stipulò un accordo con Bim Bum Bam che prevedeva uno spazio autonomo all’interno della trasmissione attraverso delle competizioni fra due o più squadre di bambini, che si disputavano sulla base delle regole dei giochi in scatola (Forza Quattro, Indovina Chi ecc.). Spesso non è facile distinguere se siano nati primi i cartoni o i giocattoli e i gadget relativi. Un esempio fra i numerosi: Jem e le Holograms è una serie animata del 1985 ispirata ad un gruppo di bambole della Hasbro (la stessa casa di giocattoli americana del successo mondiale dei Transformers); ciò che interessa ai fini di questa ricerca è il fatto che i produttori di Jem e le Holograms – nonostante esso posso rappresentare forse il primo musical a puntate della storia trasmesso ed ideato per la tv – non abbiano sfruttato le 153 canzoni (due o tre canzoni a puntata) dal punto di vista commerciale. Un’occasione economica molto probabilmente sfuggita in America. In Italia invece il team Fininvest, intuendo il potenziale economico nascosto nelle musiche dei cartoni animati, non si fece sfuggire l’opportunità e investì nella sconfinata produzione di canzoni e sigle che ritroviamo in Fivelandia. Questo fu reso possibile perché la musica per bambini fu investita dalle stesse strategie commerciali del nuovo sistema pubblicitario, trasformandosi in un prodotto in vendita – al pari della bambola di Memole o delle macchinine Hot Wheels – un oggetto del “desiderio/bisogno indotto” in cui riconoscersi, sentirsi parte di un gruppo, identificarsi nella “comunità dei bambini”.

I prodotti musicali: dai singoli alle compilation

Ad apparire sul mercato per primi furono i singoli pubblicati su 45 giri o 7 pollici: dal 1983 al 1991 saranno incisi ben 73 singoli su questo supporto. Dal 2009 verranno incisi in formato digitale altri sei singoli originali (eccezion fatta per «Puffa un po’ di arcobaleno» che è la ripubblicazione della sigla originale del 1996 in occasione del cinquantennale dei Puffi). I 45 giri contenevano sul lato A il singolo più importante mentre sul lato B poteva essere inciso il medesimo brano in versione strumentale, come per esempio «D’Artagnan e i Moschettieri del Re» (1989) o un secondo singolo come per esempio il disco del 1989 che presenta «Ti Voglio Bene Denver» sul lato A, mentre il singolo «Piccolo Lord» sul lato B. L’analisi delle classifiche pubblicate da TV Sorrisi e Canzoni dal 1985 al 1997 – conservate in formato cartaceo alla Mondadori – mostra che fra questi singoli numerosi titoli sono rimasti per più settimane in classica fra i più venduti in Italia.

Singolo Anno Top Classifica N. Settimane
Kiss me Licia 1986–1987 4 24
Memole dolce Memole 1986 13 9
Love me Licia 1986–1987 11 13
David Gnomo amico mio 1986 18 9
Magica Emi 1986 16 9
Mila e Shiro due cuori nella pallavolo 1986 43 2
Piccola bianca Sibert 1987–1988 14 15
Vola mio mini pony 1987 25 12
Arriva Cristina 1988–1989 12 17
Maple Town 1988 33 11
Hilary 1988 43 5
Ti voglio bene Denver 1989–1990 22 18
Milly, un giorno dopo l’altro 1989 21

 

8
Cri Cri 1990–1991 6 13

Come si evince dalla tabella – dal 1986 al 1990 – ben quattordici singoli sono rimasti in classifica nella top 20 dei singoli più venduti per la durata di più settimane: mentre nel 1986 al primo posto imperversava «Papa Don’t Preach» di Madonna, il singolo «Kiss Me Licia» raggiunse addirittura il quarto posto e rimase ai primi posti della classifica per oltre ventiquattro settimane.

Dal 1983 i singoli di successo e le altre sigle dei cartoni animati venivano incise in raccolte in album: esse si differenziavano per il periodo di pubblicazione ed erano Fivelandia o Cristina e i tuoi amici in tv. Stiamo parlando di un numero altissimo di pubblicazioni: ventidue uscite invernali per Fivelandia (che coprirono il periodo natalizio dal 1983 al 2004) e ventuno per Cristina e i tuoi amici in tv per il periodo estivo dal 1987 al 2008. Le raccolte di Fivelandia furono registrate su LP 33 giri oppure musicassetta; dal 2006 furono interamente rimasterizzate in digitale. Per quanto riguarda la seconda collana, l’album Cristina e i tuoi amici in tv 6 del 1997 segnò la svolta digitale: le edizioni successive furono incise solo su CD e musicassetta. Rimarchevole, anche nel caso degli album, è la loro presenza e permanenza nelle classiche dei dischi più venduti: nel 1986 Fivelandia 3 raggiunse il 17° posto in classifica mentre Fivelandia 9 nel 1992 rimase in classifica per sedici settimane. Cristina e i tuoi amici in tv 5 nel 1991 occupò il 16° posto.

Accanto a queste due collane furono creati altri due cicli di album prettamente legati alla figura di Cristina D’Avena interprete delle live action: «Love me Licia» tratto dalla serie animata Kiss Me Licia e Cristina. Sono tra questi che si contano i maggiori premi: Kiss Me Licia e i Bee Hive del 1986, Arriva Cristina del 1988, Cristina del 1989, Cri Cri del 1990 vinsero il disco di platino con più di 200.000 copie vendute. Ultimo disco di platino fu consegnato a Fivelandia 14 nel 1996.

Collane Numero di uscite Anni Periodo di uscita
Fivelandia 22 1983–2004 Autunno
Cristina e i tuoi amici in tv 21 1987–2008 Primavera
Kiss me Licia

(serie tv)

 

1. Kiss Me Licia e i Bee Hive (86)

2. Love Me Licia e i Bee Hive (86)

3. Teneramente Licia e i Bee Hive (87)

4. Licia dolce Licia e i Bee Hive (87)

5. Balliamo e cantiamo con (86–88)

1986–1988

 

Inverno (dic)

 

 

 

 

 

 

 

Primavera

Cristina

(serie tv)

 

1. Arriva Cristina (88)

2. Cristina (89)

3. Cri Cri (90)

4. Cristina, l’Europa siamo noi (91)

1988–1991

 

Inverno

 

Infine, venivano prodotte delle collane monografiche interamente dedicate ad una serie animata specifica:

LP monografico Anno
Canta Snorky 1986
David Gnomo 1986
Memole dolce Memole 1986
Vola mio mini pony 1987
Maple Town 1987
Piccola bianca Sibert 1987
Puffiamo l’avventura 1987
Palla al centro per Rudy 1988
Viaggiamo con Benjamin 1988

Queste collane contenevano non solo la sigla italiana del cartone animato andato in onda, ma anche una serie di altre canzoni a tema. Queste canzoni di solito riguardavano alcuni coprotagonisti (per es. Swift la volpe di David Gnomo) o situazioni particolari (come l’allenamento in Palla al centro per Rudy). Dal punto di vista musicale queste canzoni potevano essere le uniche non italiane. Per esempio, le canzoni dell’LP David Gnomo amico mio provengono dalla Spagna, paese d’origine del cartone animato, e in particolare la terza traccia del secondo lato – «Dai vieni qui David» – è la sigla originale spagnola. Memole dolce Memole non è un vero album monografico ma un lancio promozionale (contenente la sigla e altri tre singoli passati), in formato musicassetta, che si poteva ottenere solo raccogliendo otto buoni d’acquisto del formaggio “Susanna Invernizzi”. Questo per sottolineare ancora una volta quanto forte fosse l’intreccio fra l’industria musicale Five Record e il mercato economico, quanto la struttura si sostenesse sul potere mediatico della tv e della pubblicità. Non a caso, ancora oggi, troviamo la musicassetta dell’album Piccola bianca Sibert acquistabile a 1999,00 euro su Ebay. Ma non ci si deve stupire del prezzo perché la versione di Fivelandia 6 in cd è stato battuto all’asta nel 2012 a 5.050,00 euro, diventando il cd italiano venduto al prezzo più alto di sempre.

I protagonisti del fenomeno Fivelandia

A rendere tutto ciò possibile fu la volontà da parte del Gruppo Fininvest di scommettere su Alessandra Valeri Manera, che fu responsabile del settore e produttore esecutivo per l’intera durata dell’esperienza dei programmi contenitore. Due volte all’anno – ispirata dalla necessità di «educare divertendo» (Ivi, p. 39) – Valeri Manera si recava personalmente in Giappone per selezionare i nuovi cartoni animati da importare in Italia; fedele alla Fininvest, «che si vuole “ambasciatrice di pace”, portatrice di valori e di miti ecologici» (Ivi, p. 40), Alessandra Valeri Manera era l’artefice della grande censura e colei che – attraverso la musica e i testi – offriva al pubblico un’atmosfera di tranquillità e serenità. Solo a lei spettava il compito di selezionare i musicisti a cui affidare la composizione delle sigle ed era lei l’unica autrice dei testi (usando anche lo pseudonimo di Alinvest): ha così firmato come autrice oltre settecento canzoni. E fu soprattutto lei a scegliere Cristina D’Avena, la cui voce è indissolubilmente legata alle canzoni delle sigle dei cartoni animati, a tal punto da trasformarla in una vera e propria icona dell’infanzia e dell’adolescenza. Furono coinvolti in veste di compositori in questo fenomeno alcuni dei musicisti di spicco della scena italiana: Giordano Bruno Martelli, padre di Augusto Martelli, e lo stesso Augusto furono fra i primi autori. Carmelo (Ninni) Carucci, chitarrista del gruppo beat I Romans e poi de I Gatti Rossi (gruppo di accompagnamento di Gino Paoli) può vantare il primato di compositore più prolifico degli anni Ottanta con più di cento sigle; Enzo Draghi, che collaborava con Albertelli e Riccardi (scrivendo per Drupi, Mina e Mia Martini) ha composto invece più di sessanta sigle; un giovanissimo Massimiliano Pani, figlio di Mina, contribuì alla causa con decine di sigle; negli anni Novanta, oltre a Silvio Amato e Giorgio Vanni, ricordiamo Franco Fasano con oltre settanta sigle e che, dopo l’esordio ufficiale a Sanremo nel 1981, è ancora in attività come cantautore.

Il processo compositivo e produttivo

A partire da un’intervista realizzata con Enzo Draghi è stato possibile ricostruire il processo attraverso cui si otteneva la sigla originale per ogni cartone animato. Punto fermo del processo era che non venissero mai utilizzate le sigle originali: Alessandra Valeri Manera non consentiva di ascoltare o vedere il cartone animato originale affinché i compositori non ne fossero influenzati. Essi dovevano basarsi solo sullo storyboard che dava loro alcune informazioni sulla trama e l’epoca nella quale si svolgeva l’azione. Gran parte della composizione avveniva al computer: erano gli anni dei primi sintetizzatori Atari. Dalla base ritmica si aggiungevano progressivamente gli altri strumenti fino a ottenere circa ventiquattro o trentadue tracce su nastro. Su questa prima cassetta “casalinga” Alessandra Valeri Manera scriveva le parole del testo: non possedendo specifiche nozioni musicali, veniva aiutata da un testo – inserito dagli stessi compositori – privo di senso ma metricamente adatto alla musica, che fungesse da guida metrica. Il ruolo di responsabilità di Valeri Manera la costringeva a comporre i testi – non sempre immediati e che spesso necessitavano l’uso del dizionario dei sinonimi e contrari – nei ritagli di tempo e nella notte. Il passaggio successivo era quindi quello in studio di registrazione: le tracce del nastro venivano mixate e in un secondo tempo venivano aggiunte la voce di Cristina D’Avena e del coro, costituito dai bambini dei «Piccoli Cantori di Milano». Anche questo processo era supervisionato da Alessandra Valeri Manera, molto attenta ad ogni intonazione. Le prime registrazioni avevano a disposizione in studio un gruppo musicale dal vivo composto da tastiere, chitarra e batteria; successivamente gli strumentisti del gruppo furono sempre più frequentemente sostituiti dal sintetizzatore, dimezzando così i costi di produzione. Ovviamente in una ultima fase si univano alla musica i tagli delle immagini per realizzare la video-sigla che sarebbe andata in onda. Un’analisi dei video mostra che le immagini venivano selezionate – in principio da Alessandra Valeri Manera – a commento del testo (es. in «Piccola Bianca Sibert» mentre Cristina D’Avena canta «ruzzolando chissà» si vede la foca Sibert scivolare sulla neve). Finito l’intero processo produttivo, che di solito prevedeva un giorno e mezzo di lavoro agli studi della Merak Film di Cologno Monzese, si realizzavano una base internazionale senza accordi; una base per il playback (base più cori), una base strumentale nella quale la voce veniva sostituita da uno strumento e il taglio sigla per la tv, che rispetto la sigla completa di circa tre minuti, doveva avere una durata di circa un minuto e venti secondi.

Struttura, musica e testi

La struttura di queste canzoni è facilmente schematizzabile in una forma composta da una introduzione strumentale + numero variabile strofe + ritornello. Tale forma è determinata dal taglio sigla che doveva rispondere infatti alle esigenze televisive che imponevano una struttura semplice e schematica affinché si potesse spostare il testo più significativo e il ritornello in base al taglio, come già accennato, di circa un minuto e venti secondi. Riportiamo di seguito l’analisi strutturale della sigla «Piccola, Bianca Sibert» a modello esemplificativo. Dopo una breve introduzione strumentale, seguono due strofe e ritornello, punto dove si interrompe quando trasmessa in Tv come sigla d’apertura.

(Strofa 1)

Amica dolce, dolce Sibert,

Che avventure abbiamo noi,

In tutto il mondo tu sei unica

Lo sai.

Amica dolce, dolce Sibert

Che dolcezza gli occhi tuoi,

Io so che in fondo non ci lasceremo mai.

(Strofa 2)

Giochiamo insieme Sibert,

Ruzzolando chissà

Prima chi arriverà.

Viaggiamo insieme Sibert,

Noi andremo dovunque,

Noi andremo dovunque,

Tanti amici salveremo noi.

(Ritornello)

Sibert, Sibert,

Piccola bianca Sibert,

Si può imparare tanto da te,

Dai resta accanto a me.

Sibert, Sibert,

Piccola bianca Sibert,

Io sto imparando sempre

Di più.

La canzone completa presenta però una seconda parte musicalmente identica ma con testo diverso nelle strofe. Nel caso di «Piccola, Bianca Sibert», la seconda parte presenta differenze solo nella prima strofa.

(Strofa 1 – seconda parte)

Amica dolce, dolce Sibert,

Quante cose sempre fai,

Sei piccolina ma tu non ti arrendi mai.

Amica dolce, dolce Sibert

Tanto affetto sempre dai,

Così carina sai che tenerezza fai.

Da quando ci sei tu.

Questa struttura, con le sue varianti (numeri di strofe, o interventi di coro e presenza di code finali ecc), si ripete sistematicamente per tutte le sigle.

Nell’invenzione melodica e nelle scelte degli arrangiamenti troviamo invece una maggiore varietà e libertà compositiva. Tuttavia, dall’analisi di un campione di riferimento, si possono delineare alcuni elementi comuni. Prima di tutto il sound che, come abbiamo già accennato, è costruito attorno all’uso dei sintetizzatori che imperversavano gli anni Ottanta. Per quanto attiene invece la melodia, possiamo affermare che essa richiama quella di stampo marcatamente lirico melodico di derivazione italiana. Inoltre, possiamo contare una significativa presenza di reiterazioni, cioè le «ricorrenze consecutive di motivi o frasi identiche» (Tagg 2011, p. 96) come, per esempio, in «Dolce, Bianca Sibert»; «David Gnomo Amico Mio»; «Holly & Benji»; «Mila & Shiro», «Kiss Me Licia». Un altro modello ricorsivo molto frequente è la sequenza, cioè la «reiterazione di ritmo e relativo profilo delle altezze ad una altezza assoluta differente» (Ivi, p. 97): per esempio in «Juny Peperina Tuttofare», «Memole, Dolce Memole». Questi aspetti così frequenti e in grado di accumunare la maggior parte delle melodie, sono riconducibili al fatto che – per motivi di mercato – le sigle dovevano assolutamente risultare facilmente memorizzabili. Come uno spot televisivo dovevano rimanere in testa ed indurre all’acquisto. Dal punto di vista delle connotazioni di genere possiamo affermare che non è presente una netta differenziazione fra i cartoni prettamente maschili da quelli femminili, ma sono legate principalmente alla tematica del cartone. Per esempio, in «Ninja Turtles: Tartarughe alla Riscossa» l’andatura veloce e il ritmo sincopato quasi ossessivo serve a rinviare all’avventura e al combattimento piuttosto che al sogno o all’amore.

Per quanto riguarda i testi invece possiamo affermare che erano finalizzati a presentare la storia e i personaggi. Dall’analisi possiamo osservare una predilezione per le rime, anche le più semplici e ripetitive. In «Occhi di Gatto» a fare da padrona è la rima “issime”: «Tre ragazze bellissime / Tre sorelle furbissime / Son tre ladre abilissime / Molto sveglie agilissime», mentre in «Jem e le Holograms» è la rima “ante” a scandire il testo: «Sono una cantante / Bella e stravagante / Ballo il rock and roll! / Vesto assai elegante / Certe volte lo sai / Sono esuberante». Testi sicuramente poeticamente non eccellenti, ma senza dubbio funzionali. Dal punto di vista dell’intonazione spesso si incontrano finali in “o” e in “u”, che negli acuti non sempre risultano facili da intonare: ricordiamo ancora una volta che i testi erano scritti da Alessandra Valeri Manera, che non era una musicista professionista, e che mirava ad un altro obiettivo. Attraverso la scelta dei cartoni animati e attraverso uno specifico adattamento musicale la Fininvest mirava a eliminare ogni possibile riferimento a situazioni di conflitto e violenza. La serenità e la semplicità delle musiche (parallelamente a quella degli ambienti famigliari delle storie trasmesse) «forano il video e pervadono l’ambiente domestico dei piccoli spettatori: c’è tranquillità» (D’Amato 1989, p. 40). Ed è in questa ultima asserzione che possiamo quindi trovare la spiegazione di una scelta, dal punto di vista musicale, a mio avviso poco coerente. Il modello italiano della tv per ragazzi, con moltissimi dei cartoni animati selezionati da Alessandra Valeri Manera, venne esportato all’estero, su due canali di proprietà Fininvest: TeleCinco in Spagna e La Cinq in Francia. In questi Paesi, le musiche di alcune sigle italiane venivano usate per altri cartoni animati che nulla avevano a che fare con l’originale: ovviamente le musiche venivano dotate di testi differenti nella lingua del Paese che ne stava facendo uso. Per esempio – uno fra molti – la sigla del «Tulipano nero» francese era quella composta per il «D’Artagnan e i Moschettieri del re» italiano. Con rammarico possiamo però affermare che la sigla italiana del «Tulipano nero» era musicalmente molto più adatta e contestualizzata al cartone per cui originariamente fu composta. E su questo punto i compositori, come risulta dall’intervista condotta a Enzo Draghi, non avevano nessuna voce in capitolo.

Conclusioni

L’analisi condotta in questo saggio dimostra, a nostro avviso, che Fivelandia si possa considerare un fenomeno più commerciale che artistico in senso stretto. Tuttavia, quello che interessa qui sottolineare è il fatto che – seppur risultato di interessi economici e non di istanze prettamente musicali – le canzoni cantate da Cristina D’Avena hanno accompagnato milioni di ragazzi che appartengono alla «Generazione bim bum bam» (Aresu 2012). Una generazione che nella voce dell’eterna bambina – come lei stessa si definisce ancora oggi – si è identificata e per la quale oggi sembra provare un certo senso di rimpianto, come testimoniano i concerti e i festival un po’ sparsi per tutta Italia. Il fatto che nel gennaio del 2015 l’ormai più che cinquantenne Cristina D’Avena – accompagnata dal gruppo Gem Boy – abbia riempito l’Alcatraz di Milano di un pubblico fra i venticinque – quarantacinque anni, può suggerirci qualcosa sul ruolo che queste canzoni hanno rivestito e su quale fascino nostalgico possano ancora suscitare. Però alla fine un fatto è inequivocabile. A parte questi exploit di Cristina D’Avena e delle innumerevoli e nostalgiche cover band, nulla o pochissimo è realmente rimasto di quel mondo discografico e imprenditoriale: i programmi tv per i ragazzi sulle reti Fininvest hanno chiuso e nessun programma oggi è a loro paragonabile; Alessandra Valeri Manera e molti i musicisti si sono ritirati; altri musicisti sono tornati al loro mondo musicale di origine; la casa discografica RTI è stata venduta alla Sony perdendo completamente la sua identità. Tutto questo dimostra che il fenomeno Fivelandia è stato l’espressione di un momento storico unico e irripetibile. Espressione sì, ma anche strumento: strumento di una società economicamente ricca che cercava di generare altra ricchezza in un continuo circolo virtuoso (o vizioso) di acquisto e vendita, circolo garantito dalla sua riproducibilità (come testimonia la serialità con cui sono stati realizzate sigle e album). Uno strumento che oggi non trova più il suo motivo d’essere, ma il cui ricordo sopravvive forte in una generazione ancora in cerca di una sua identità.

Bibliografia

Aresu, Stefano. 2012. Generazione Bim Bum Bam. Mondadori, Milano.

D’Amato, Marina. 1989. Lo schermo incantato. Trent’anni di televisione per ragazzi. Editori Riuniti, Roma.

Martinelli, Dario. 2007. «Le sigle dei cartoni animati in Italia tra gli anni 70 e 80», in Studi Musicali, Anno XXXVI – 2007, 1, pp. 269-288.

Tagg, Philip. 2011. La tonalità di tutti i giorni. Il Saggiatore, Milano.